Zoe ha gli occhi aperti sul mondo

Zoe ha gli occhi aperti sul mondo

lunedì 23 aprile 2012

FATHER AND SON




Riprendo un argomento trattato durante i primi giorni di vita di questo blog, ovvero il rapporto tra padre e figlio.
Adesso come allora, lo faccio per lo stesso motivo e con la medesima ispirazione: provare a fare chiarezza.
Se ci riuscirò, sono certo di trovare una soluzione plausibile a un problema rimasto insoluto per molto, troppo tempo: mio padre e la difficile relazione che ho avuto con lui.
Ho detto  che..... ho avuto?
Forse dovrei essere più onesto con me stesso e ammettere che questa difficoltà permane ancora oggi. Con l’unica differenza che adesso lui è sufficientemente lontano e gli è quasi impossibile oltrepassare i miei confini.
Quasi impossibile.....

Nel post scritto mesi fa, usai queste parole:

Padri autoritari, padri severi, padri di cui aver timore.
Padri che hanno usato le mani ogniqualvolta lo hanno ritenuto opportuno per "meglio educarci" .
Padri che detenevano la verità incontrovertibile e che ci sostenevano solo quando facevamo quello che per loro era giusto.
Li abbiamo anche odiati i nostri padri, in particolare quando non ci spiegavano i perché delle cose.
Padri dai quali non andavamo mai per chiedere un consiglio, per timore di essere giudicati o umiliati.
Un perenne conflitto, dal quale tornavamo spesso battuti, con ferite destinate a sanguinare per giorni, mesi, anni.

Rileggendo queste frasi, provo un inatteso senso di colpa.
Sento di essere stato implacabile nei suoi confronti, persino crudele, forse ingiusto.
Ora che sono cresciuto, sono quasi sicuro di aver imparato ad interpretare mio padre.
Penso anche di aver trovato l’unica spiegazione sostenibile che possa, in qualche modo, “giustificare” quello che in passato mi appariva inspiegabile.

Come l’uso delle mani, ovunque non riusciva ad arrivare con le parole o con il ragionamento.
Nessuna violenza domestica, beninteso, e lungi da me il fare la parte dell’ infante torturato.

Come l’impossibilità di confidarsi liberamente, per timore di essere giudicato un povero idiota, solo perché si ipotizzava una cosa differente da quella che pensava lui.

Come la mancata risposta ad un semplice perché.

Come l’essere condizionati, persino nelle scelte che, in seguito, avrebbero influito sul resto della vita.

“Sentire il proprio cuore come un foglio di carta appallottolato e gettato nel cestino”.

Si.
Forse ho trovato l’unica spiegazione sostenibile che possa, in qualche modo, “giustificare” quello che in passato mi appariva inspiegabile.

Un amore infinito, totalitario, che non lascia alcuno spazio.
Nemmeno a colui o colei che si ama.

Ed è così che, alla fine, riprendo quel foglio di carta appallottolato e, con calma, “cerco di riaprirlo, allisciandolo, accarezzandolo, per farlo tornare come era prima”. 

Nota di Zoe: le frasi in  corsivo tra le "" non sono mie, ma di Stefano Falsetti.
 





domenica 22 aprile 2012

EPPUR SI MUOVE!


Si tratta di me, non della terra.
Mi approprio di questa frase famosa, presumibilmente pronunciata da un Galileo abiurante dinanzi all’Inquisizione, perchè mi sembra la più adatta per descrivermi.
Sono stato assente dal blog per una decina di giorni, non perchè non avessi più storie da raccontare, ma semplicemente perchè volevo vedere cosa accadeva allontanandomi un pò dalle  scritture seral-notturne.

Non molto è accaduto, per rimanere in una confortante superficie.
Ma, andando verso il fondo, non posso dire che sia rimasto tutto immobile, anzi, qualcosa si è mosso.
Un amico caro, un fratello per dirla tutta, ha deciso di cancellarsi come follower. Il perchè lo sappiamo io e lui. Dico solo che non ti capisco, così come sicuramente non hai capito me. Ma fa niente. Questo "fattarello" non cambia nulla tra di noi.
Poi, una persona sconosciuta - almeno dal nome, che è chiaramente uno pseudonimo - si è aggiunta come membro.
Provo ad immaginare chi tu possa essere, ma magari sono fuori strada.
Le ipotesi affaticano la mia immaginazione, anche se solo marginalmente. 

Ok, non divaghiamo, si parlava di me.....
Riavvolgo il nastro e riparto.

Eppur si muove, il mio pensiero.
Costantemente, incessantemente.
Un moto perpetuo, come quello della terra intorno al sole.

Sono tornato qui, in parte per merito (o per colpa?)  di un libro di Moravia, “La Ciociara”.
Tanto tempo fa ho visto il bel film neorealista di De Sica con Sofia Loren, ma nulla di più.

Ieri, guardando distrattamente la libreria, mi sono sentito chiamare.
Così, leggendo appassionato le vicissitudini di Cesira e Rosetta, che fuggono precipitosamente da una Roma assediata e disperata, percossa a morte dalle bombe alleate, ad un certo punto ho pensato che sarebbe stato bello riprendere in mano il racconto di Giuseppe Bottini. Ti ricordi di lui o l’hai già dimenticato?
Povero Giuseppe. L’ ho lasciato solo, nel lontano 1940, in balia di venti nefasti, a soli tre mesi dall’ingresso dell’Italia in guerra.
Tornerò a parlare di te, non temere. Hai ancora tante cose da raccontare.
Così come ne ho io.
Sono certo, mio caro Giuseppe, che non te ne avrai e che non ti sentirai “usato” se, narrando di te, parlerò un pò anche di me.




“L’importante, in guerra, è non mettersi contro il più forte. Oggi sono i fascisti ad essere i più forti, e bisogna stare con i fascisti. Domani saranno magari gli inglesi e allora ci metteremo con gli inglesi”. (Moravia - La Ciociara)


Zoe

mercoledì 11 aprile 2012

GUARDO SOLO LE FIGURE




Ti è mai capitato di vedere una persona leggere un libro, una rivista, un quotidiano?
Sicuramente si.
Ma.... ti sei mai chiesto se quell’individuo stava veramente leggendo o se, invece, guardava solo le figure?
No. Non sono (ancora) impazzito e non è una delle mie domande tranello. Se ci pensi bene, ha un senso. O almeno potrebbe averlo, lavorandoci un pò. Sempre che tu abbia voglia di passare qualche minuto in mia compagnia.

Ti regalo un indizio.

Sono sicuro che, nell’arco della vita, breve o lunga che sia, anche tu hai guardato le figure. E nemmeno poche volte.
Quando?
Eri piccola (o piccolo) e non sapevi leggere.
Non ci pensavi vero? O almeno non ti è venuto in mente subito.
Comunque sia, eccoti lì mentre tieni in mano un grosso e pesante libro, che hai preso di nascosto e facendo un sacco di fatica per raggiungerlo.
Hai visto più volte i tuoi genitori maneggiare quell’oggetto, osservarlo, girare le pagine producendo un piacevole rumore. 
Lo hai desiderato per giorni e ora è tuo.
Lo apri, in preda all’innocente euforia della scoperta mista all'ansia (paura?) di essere sorpreso con le mani nel sacco.
Sei di fronte a centinaia di strani simboli neri, stampati sulla carta. In quel momento, non avevano alcun significato per te, anche se intuivi che volevano dirti qualcosa, raccontarti una storia o semplicemente descriverti una situazione.
Che delusione.
Inizi a girare nervosamente le pagine, finchè....finchè non appaiono le prime colorate immagini.
Quelle figure apparse all’improvviso le vedevi bene e la cosa ti piaceva.
Un sorriso.
Chissà quali emozioni furono capaci di trasmetterti.
Di sicuro ti misero nella condizione di fantasticare una storia tutta tua, probabilmente lontanissima da quella vera, narrata da quella moltitudine ordinata di simboli neri incomprensibili.

Mi piace l’idea che ci siano persone che, ogni tanto, perdono il contatto.
E iniziano a guardare solo le figure.
Immaginando una storia tutta loro, probabilmente lontanissima da quella vera.
Immaginando qualcosa che non c’è.
Anzi forse c’è, ma non l’hanno ancora trovata.

Non smettere di cercare.

Buonanotte.

Zoe


giovedì 5 aprile 2012

LE INCOMPRENSIONI



....."sono così strane, bisognerebbe evitarle sempre", cantano i Tiromancino.
Boh, chissà.....penso che sia così.
Eppure sono riuscito a far morire un amore - e relativo matrimonio - lasciando che affogasse in un torbido mare di incomprensioni,  facendo ben poco per salvarlo.
Inutile negarlo.
Non affrontare il problema di petto, "prendendo il toro per le corna", direbbe qualcuno di mia conoscenza.
Questo è il vero problema e il bello è che ne sono perfettamente consapevole.

Sul lavoro mi faccio forza  e alla fine qualcosa di buono esce fuori. 
L'ostacolo è lì, lo vedo bene e so che devo superarlo in un modo solo: prendendo la rincorsa e saltando più in alto che posso. Talvolta cado, ma so di avercela messa tutta.
Nella vita reale invece, anzi, purtroppo, quell'ostacolo lo vedo, ma spesso non lo salto, piuttosto cerco tutti i modi per aggirarlo. 
Oppure, peggio ancora, faccio finta che non esista.

Nel post intitolato "Just to know" ho usato le parole di Jovanotti:

Cosa pensa il trapezista mentre vola?
Non ci pensa mica a come va a finire.....

E ne ho usate molte altre, di frasi, per descrivere il mio stato d'animo.
In tutto quello che ho scritto, ci sono io, sempre e solo io.

Spero avrai tentato di interpretare il mio pensiero. 
Se mi conosci un pò, oramai dovresti sapere che mi piace lasciare massimo spazio alla tua fantasia.

Però è giusto che tu sappia almeno una cosa, su cui non devono esserci incomprensioni.
Io sono un trapezista che, troppo spesso, mentre vola, pensa a come va a finire.

Tu chi sei?

Zoe Kipling

 

lunedì 2 aprile 2012

JUST TO KNOW.....



Questo pezzo lo dedico ad una persona che non mi leggerà.
O forse si.
Che sia uomo o donna, poco importa.
Tra pochi minuti, una volta finito di scrivere, arrotolerò la pergamena, la infilerò con cura all’interno di una bottiglia di vetro verde, levigato dal sale, dal sole e dal tempo,  e quindi la affiderò alle onde del mare, che porteranno il messaggio a destinazione.
O forse no.

Just to know.
Tanto per sapere.
Ti giuro che mi piacerebbe “sapere cosa vuoi sapere”.
O meglio, che cosa vorresti che io dica.
Vado ancora oltre, che cosa ti aspetti che io dica.

Sai benissimo che non farò nulla di cui sopra.
Forse hai imparato che dico solo quello che voglio dire.
Nella peggiore delle ipotesi, lo stai imparando.
Anche se non ti vedo, sento chiaramente quello che provi, semplicemente perchè non hai tutti gli schermi che ho io.
Sei quello che sei, e non hai avuto paura di mostrarti.
Anche se quel coraggio ti è costato tanto.

Lotto di continuo con “Chi Sono” e “Chi Devo Essere”.
Il primo soccombe spesso, ma lo amo da morire.
E quando vince, è meraviglioso nella sua gloria, come Re Leonida e i suoi trecento Spartani.

Il secondo è la maschera dai mille volti.
Prima la indossavo quasi costantemente.
Ora, sempre di meno e solo a secondo del bisogno.
Ma adesso non è il momento di conoscerlo.

Poi c’è un terzo, ma di lui preferisco non parlare.
A nessuno.
Ognuno di noi è come una porta, che si apre solo trovando la chiave giusta

Just to know.
Tanto per sapere.

Se non prendi la chiave giusta, non aprirai la mia porta.

Ti saluto con una canzone.
Non so perchè mi è venuta in mente.
O forse si.....

Buonanotte


È una notte come tutte le altre notti
È una notte con qualcosa di speciale
Una musica mi chiama verso sé
Come acqua verso il mare
Vedo un turbinio di gente colorata
Che si affolla dietro a un ritmo elementare
Attraverserò la terra desolata
Per raggiungere qualcosa di migliore
Un po' oltre le miserie dei potenti
E le fredde verità della ragione
Un po' oltre le abitudini correnti
E la solita battaglia di opinione
Vedo gli occhi di una donna che mi ama
E non sento più il bisogno di soffrire
Ogni cosa è illuminata
Ogni cosa è nel suo raggio in divenire
Vedo stelle che cadono nella notte dei desideri

È una notte come tutte le altre notti
È una notte che profuma di avventura
Ho due chiavi per la stessa porta
Per aprire il coraggio e la paura
Vedo un turbinio di gente colorata
Che si affolla dietro a un ritmo elementare
Attraverserò la terra desolata
Per raggiungere qualcosa di migliore
Vedo gli occhi di una donna che mi ama
E non sento più il bisogno di soffrire
Ogni cosa è illuminata
Ogni cosa è nel suo raggio in divenire
Vedo stelle che cadono nella notte dei desideri
è la notte dei desideri

Vedo Cristoforo Colombo il marinaio
È arrivato il mio momento per partire
Cosa pensa il trapezista mentre vola
Non ci pensa mica a come va a finire
Vedo i barbari che sfondano il confine
E li guardano dal vetro dello specchio
E qualcuno che medita la fine
E tutto il cielo si riflette nel mio occhio
Le montagne che dividono i destini
Si frantumano diventano di sabbia
Al passaggio del momento di splendore
Si spalanca la porta della gabbia
Vedo gli occhi di una donna che mi ama
E non sento più il bisogno di soffrire
Ogni cosa è illuminata
E non sento più il bisogno di soffrire
Vedo stelle che cadono nella notte dei desideri

(Jovanotti - La notte dei desideri)