Ciao amico mio, buona sera amica mia.
E' il Blog in persona che ti parla.
Forse non lo sai, ma oggi compio un mese.
Per l'occasione, vorrei donarti un modesto presente.
Un piccolo pensiero in verità.
Una storia che auspico troverai il tempo leggere e, spero, di assaporare, visto che non è definibile come "breve".....
Il pezzo che segue, è tratto da un libro che non ha trovato mai il coraggio di vedere la luce. Il perchè bisognerebbe chiederlo all'autore.
In attesa di tue,
ti auguro Buonanotte (o Buongiorno?)
Mi dirigo all’appuntamento,
provando una strana sensazione che al momento non riesco a definire. Però, è
come se avessi la consapevolezza di fare qualcosa di proibito o, perlomeno,
inopportuno.
La cosa in fondo mi diverte e sembra dare un senso
ad una misera giornata.
Arrivo alla piattaforma di attracco e noto subito
una folla enorme, ordinata in file, a seconda della destinazione. Blocco
albanese, blocco curdo, blocco russo….ecco, blocco italiano, il mio.
Mi metto in fila anche io, iniziando a guardarmi
intorno e a chiedermi come avrei fatto a riconoscere la donna. Non mi resta che
attendere che si faccia viva lei.
“Non ti voltare, non parlare, limitati ad
ascoltare”.
Una voce femminile, sibila alle mie
spalle, con l’effetto di una rasoiata sulla schiena.
“ Prendiamo insieme la navetta” riprende la voce “
io occuperò il sedile dietro il tuo. Poi, scenderò alla tua fermata e faremo
due passi. Qui, purtroppo, non possiamo fare altro, potremmo essere
controllati”.
Chi è questa squilibrata? Penso.
Vorrei girarmi, guardarla in faccia e mandarla garbatamente
a quel paese.
Invece no.
Continuo a seguire la fila, entro nella
navetta, mi accomodo.
Perché non ho seguito il primo istinto?
Adesso mi sento
coinvolto in qualcosa da cui, almeno per il momento, non posso sfuggire.
Potevo
cambiare il corso delle cose, e non l’ho fatto.
Spero di non pagarne le
conseguenze.
“ Continua a guardare altrove, tranquillo, adesso si
parte”. Mi ripeto.
La navetta si alza dal ponte dove era attraccata, con un ruggito e un
sobbalzo.
E’ molto più carica rispetto a questa mattina e fa fatica a prendere
quota.
Scruto fuori dal finestrino e mi accorgo che almeno ha smesso di
piovere, ma il cielo è ancora carico di nuvole nere minacciose.
Guardo ancora una
volta l’immensa distesa magmatica che porta il nome di Terza Roma, e un brivido
percorre il mio corpo, scosso dinanzi a tanto orrore.
Non riesco a vedere se dietro di me è effettivamente seduta la
misteriosa donna, ma ho il sospetto che ci sia, anzi ne ho la certezza.
Mi
devo limitare a scendere alla mia fermata e aspettare il contatto.
“ATTERRAGGIO BLOCCO ITALIANO, ALLACCIARE LE
CINTURE”. Avverte il pilota.
La navetta si appoggia dolcemente sul suolo,
emettendo un suono simile ad un barrito.
Scendo dal velivolo penetrando una nuvola di fumo
acre e procedo verso casa senza voltarmi, attendendo gli eventi.
Che non
tardano a manifestarsi, sotto forma di una mano che afferra il mio braccio
destro.
“ Procedi, senza guardarmi,
allarga la tasca del tuo cappotto. Presto!”
La voce ha perso il tono
sibilante ed è divenuta più grave e definita.
Eseguo l’istruzione impartita, cercando di deviare
lo sguardo per cercare di capire chi ho accanto. Vedo solo una figura indefinita, un’ombra
che si affianca a me. Il buio non mi permette di distinguerne i lineamenti.
Sento qualcosa che si appoggia all’interno della tasca del soprabito e, proprio
in quell’attimo, provo una spiacevole sensazione di apnea.
“ Adesso vai a casa e nascondilo in un posto sicuro.
Domani, recati al cyber point che si trova nel Blocco Iracheno e inseriscilo
nella postazione 15. Non usarlo prima, non inserirlo altrove. E’ tutto, per
ora.”
La figura abbandona la presa sul mio braccio e
sfugge via veloce nell’oscurità, senza lasciarmi il tempo di parlare o di fare
domande.
Rimango fermo per un attimo e poi riprendo il cammino verso casa, con
passo sempre più svelto. Tocco con la mano il piccolo involucro che è stato
depositato all’interno della tasca del cappotto, cercando di capire di cosa si
tratti. Sembrerebbe un microdisco.
Sicuramente è un oggetto pericoloso o
compromettente.
Dovrei buttarlo via e invece continuo a camminare, raggiungendo
finalmente l’ingresso della mia abitazione.
Ho la sensazione di essere seguito,
ma forse è solo una paranoia.
Inserisco il badge, apro il portone, prendo
l’elevatore, che oggi per fortuna funziona.
Ascolto distrattamente le
parole di Elisabetta, che probabilmente mi parla delle gesta eroiche dei nostri
teneri pargoletti. Piuttosto, la mia attenzione è catalizzata dalla televisione, che
trasmette un varietà a cui partecipa oggi uno dei miei attori preferiti, lo svedese
Nick Olfson. Non parla una parola di italiano e il presentatore non favorisce
il colloquio, con il suo inglese elementare, ma la sua simpatia è comunque
evidente, il suo volto trafigge lo schermo, come solo lui sa fare.
Comunque, non riesco a seguire e a concentrarmi. Non posso evitare di pensare
all’oggetto che è stato depositato nelle tasche del mio cappotto e che non ho
ancora avuto il coraggio di esaminare con attenzione.
Sono pervaso dalla
sensazione di essermi cacciato in un bel pasticcio, da cui sarà difficile
uscire, vista anche la mia proverbiale buona
sorte.
Continuo a desinare, per nulla infastidito dalle
solite urla dei cari demonietti e dal cattivo sapore della pietanza che
Elisabetta ha preparato questa sera.
“ Caro, ma mi ascolti? “. Il diverso timbro di voce
di Elisabetta, imperativo direi, mi riporta ad una più coinvolta partecipazione.
“ Oh, scusami “ esordisco “ Olfson mi ha distratto
un po’ “. E la guardo con aria giustificativa.
“ Sarà, ma a me sembra proprio che sei altrove….” Riprende
Elisabetta.
“ Forse, vorrei esserlo…..”
Noooooo! Che casino ho fatto? Ho detto quello che penso, una volta tanto?
A queste parole, mia moglie abbassa lo sguardo per nulla sorpresa.
D'improvviso, percepisco un forte abbassamento di temperatura.
Tirando un respiro, Elisabetta sentenzia “ Non è
affatto carino quello che dici, Elio…..”
“ Scusami, sono piuttosto teso in questo periodo…..”
Continuo a giustificarmi come uno scolaro che non ha studiato.
“ Elio….per il fatto che ti hanno trasferito al
Centro Contabile? “. La voce di Elisabetta si fa compassionevole, è il suo
momento preferito: indossare gli indumenti dell'infermiera e correre a consolare un marito chiaramente definibile in difficoltà, cercando di
trovare una soluzione immediata. Lo scopo è nobile, come sempre, i risultati,
invece, sono - spesso - assai scarsi.
“ Si, Elisabetta, ma non ci si può fare nulla,
almeno per adesso…”.
Mento, ma
almeno raggiungerò il risultato di tranquillizzarla.
Non posso certo
raccontarle del mio incontro di oggi e dell’oggetto che mi è stato consegnato,
quindi preferisco dirottare la sua attenzione su ciò che in fondo voleva
sentirsi dire.
Certe cose non riesco a condividerle con lei, è più forte
di me, ed è sempre stato così. L’amo troppo per farla soffrire con i miei problemi
e vederla preoccupata non mi aiuterebbe. Così, certo, escludo dei buoni
suggerimenti, delle soluzioni a cui non penso, ma evito anche tensioni e
piccole incomprensioni.
Perché hai incontrato quella donna? Perché non ti sei
disfatto dell’oggetto che ti ha dato? Perché non racconti tutto alla Polizia?
Perché, perché, perché......troppi perché.
Mi alzo da tavola, senza nemmeno finire di mangiare.
Sento gli occhi di Elisabetta puntati su di me.
Mi dirigo verso la stanza da letto, apro l’armadio a
muro, riprendo il cappotto e inizio a frugare nelle tasche, per recuperare
quello che immagino sia un microdisk.
E non lo trovo.
Ricomincio a cercare,
pensando che spesso mi è capitato di non trovare una cosa al primo tentativo.
Svuoto le tasche, rivolto l’abito e nulla.
Calma. Facciamo mente locale.
Sono
entrato in casa, ho posato il badge apriporta sul mobile in ingresso, come faccio sempre,
e poi sono andato in camera per ….no, no.... ho dato il cappotto a Elisabetta…..!
“ Cerchi questo, Elio? “.
Mi volto e vedo mia moglie che rotea un dischetto
digitale nella mano destra, appoggiando mollemente la spalla sinistra sullo
stipite della porta.
Sento una vampata di calore pervadere il mio volto.
Credo di essere diventato multicolore.
Il sentimento è di rabbia, misto a
vergogna per essere riuscito a nascondere una cosa “segretissima” solo per
pochi minuti.
Non valgo nulla come agente segreto, ma non avevo bisogno di
questa conferma.
“ Che cos’è?…” chiedo mostrando incredulità.
“ Sei tu a dovermelo dire, carino! Non sarà ancora uno di quei sudici porno amatoriali,
vero? “
Oddio e che ne so? Non ci avevo pensato….
Avevo
totalmente rimosso la squallida avventura dei porno casalinghi, che smerciavo
sottobanco qualche anno fa in formato microdisk oleografico, nel tentativo
di rimediare un po’ di quattrini. Tristissima vicenda personale che tornava impietosamente a galla. Tra le altre cose, l'incidente mi era costato anche una piccola
condanna amministrativa.
“ Ecco, io…non credo” rispondo balbettando.
“ Non sai cosa contiene questo disco? “
“ Se ti devo dire la verità, …..no. Mi è stato
consegnato da un collega, in segreto, ma non so cosa contenga.” Meglio non parlare di una collega, peggiorerebbe la situazione....
“ Bene, torniamo alla caramella dagli sconosciuti!
Ma sei pazzo? Qui dentro può esserci di tutto! “
Il tono di Elisabetta si è fatto odiosamente
inquisitorio.
“ Mi sono state date delle istruzioni precise…..”
proseguo, riducendo il tono di voce.
“ Me ne frego delle istruzioni, voglio vedere che
cosa contiene, subito!! “
“ NO! “
Credo di aver cambiato volto repentinamente. Avete
presente due gatti che stanno per azzuffarsi? Bene, non c’è immagine migliore
per descriverci in questo momento….
“ Elisabetta” riprendo abbassando il tono della voce
“ Non posso farti vedere che cosa contiene il microdisco. Posso farlo solo io,
al Cyber Point che si trova nel blocco iracheno. Domani”.
Ci guardiamo ancor per qualche attimo, in silenzio.
“Elio, ti caccerai in un guaio enorme, lo so. Come
se non ne avessimo abbastanza….”sospira Elisabetta, abbassando lo sguardo e
restituendomi il dischetto.
“ E’ vero, siamo pieni di guai. Ma forse questo
evento, così insolito per noi, cambierà le nostre vite”.
“Vuoi cambiare la tua vita? Sei infelice?” Domanda
Elisabetta, riprendendo a guardare verso di me.
“ Tu sei felice?” La guardo dritta negli occhi.
“ Io si. Abbiamo una casa e dei figli. Ho te, che
amo sopra ogni cosa. Il resto non conta. Perché dobbiamo cambiare tutto
questo?”
Elisabetta crede in quello che dice, non ha esitato un attimo a rispondere.
E' fermamente convinta e mi sento così piccolo di fronte a lei in questo momento.
Un solido monolite, contro un pupazzo di argilla.
“E’ una domanda a cui non so rispondere" riprendo dopo qualche secondo di silenzio totale. Anche i bimbi si sono fermati nei loro giochi e la televisione sembra essere muta.
Ho iniziato, devo andare avanti ormai.
"Però sento
di dover cambiare la mia vita in qualche modo….E’ come se ogni giorno mi
svegliassi sempre più debole, sempre più passivo. Mi sento stanco e apatico, ma non so il
perché. Forse questo evento è il mio bivio. Tutti noi, in un modo o nell’altro
raggiungiamo questo momento, in cui si deve fare una scelta precisa”.
Elisabetta mi osserva attonita.
Sono sicuro che non
capisce il mio punto di vista. E non trovo il modo di spiegarglielo in maniera
che possa comprendere.
Almeno per ora.
“ Domani, terminato il lavoro, andrò nel blocco
iracheno, raggiungerò quel dannato cyber point e infilerò il disco nella
postazione che mi è stata indicata. Lo farò e basta”.
“ Forse però…”interviene Elisabetta “stai dando un
significato eccessivo a quell’oggetto.
Parli di un bivio…ma cosa ne sai? Magari è solo pornografia o peggio
pedofilia….o notizie riservate di qualche cliente compromettente….”.
Osservo per un attimo il piccolo oggetto.
Sono certo
che lì dentro c’è il mio bivio.
Deve esserci per forza.
By Zoe Kipling
Ma il seguito?? Vengo a cercarlo ma non lo trovo mai! Quando lo metti il seguito?!?!?
RispondiElimina:-)