Zoe ha gli occhi aperti sul mondo

Zoe ha gli occhi aperti sul mondo

mercoledì 15 febbraio 2012

IL BIVIO

Il cambiamento è una delle poche certezze che abbiamo.

Ciao amico mio, buona sera amica mia.

E' il Blog in persona che ti parla.
Forse non lo sai, ma oggi compio un mese.
Per l'occasione, vorrei donarti un modesto presente.
Un piccolo pensiero in verità.
Una storia che auspico troverai il tempo leggere e, spero, di assaporare, visto che non è definibile come "breve".....
Il pezzo che segue, è tratto da un libro che non ha trovato mai il coraggio di vedere la luce. Il perchè bisognerebbe chiederlo all'autore.
In attesa di tue,
ti auguro Buonanotte (o Buongiorno?)

Mi dirigo all’appuntamento, provando una strana sensazione che al momento non riesco a definire. Però, è come se avessi la consapevolezza di fare qualcosa di proibito o, perlomeno, inopportuno.
La cosa in fondo mi diverte e sembra dare un senso ad una misera giornata.
Arrivo alla piattaforma di attracco e noto subito una folla enorme, ordinata in file, a seconda della destinazione. Blocco albanese, blocco curdo, blocco russo….ecco, blocco italiano, il mio.
Mi metto in fila anche io, iniziando a guardarmi intorno e a chiedermi come avrei fatto a riconoscere la donna. Non mi resta che attendere che si faccia viva lei.
“Non ti voltare, non parlare, limitati ad ascoltare”.
Una voce femminile, sibila alle mie spalle, con l’effetto di una rasoiata sulla schiena.
“ Prendiamo insieme la navetta” riprende la voce “ io occuperò il sedile dietro il tuo. Poi, scenderò alla tua fermata e faremo due passi. Qui, purtroppo, non possiamo fare altro, potremmo essere controllati”.
Chi è questa squilibrata? Penso.
Vorrei girarmi, guardarla in faccia e mandarla garbatamente a quel paese. 
Invece no. 
Continuo a seguire la fila, entro nella navetta, mi accomodo. 
Perché non ho seguito il primo istinto? 
Adesso mi sento coinvolto in qualcosa da cui, almeno per il momento, non posso sfuggire. 
Potevo cambiare il corso delle cose, e non l’ho fatto. 
Spero di non pagarne le conseguenze.
“ Continua a guardare altrove, tranquillo, adesso si parte”. Mi ripeto.
La navetta si alza dal ponte dove era attraccata, con un ruggito e un sobbalzo. 
E’ molto più carica rispetto a questa mattina e fa fatica a prendere quota. 
Scruto fuori dal finestrino e mi accorgo che almeno ha smesso di piovere, ma il cielo è ancora carico di nuvole nere minacciose. 
Guardo ancora una volta l’immensa distesa magmatica che porta il nome di Terza Roma, e un brivido percorre il mio corpo, scosso dinanzi a tanto orrore.
Non riesco a vedere se dietro di me è effettivamente seduta la misteriosa donna, ma ho il sospetto che ci sia, anzi ne ho la certezza. 
Mi devo limitare a scendere alla mia fermata e aspettare il contatto.

“ATTERRAGGIO BLOCCO ITALIANO, ALLACCIARE LE CINTURE”. Avverte il pilota.
La navetta si appoggia dolcemente sul suolo, emettendo un suono simile ad un barrito.
Scendo dal velivolo penetrando una nuvola di fumo acre e procedo verso casa senza voltarmi, attendendo gli eventi. 
Che non tardano a manifestarsi, sotto forma di una mano che afferra il mio braccio destro.
“ Procedi, senza guardarmi, allarga la tasca del tuo cappotto. Presto!”
La voce ha perso il tono sibilante ed è divenuta più grave e definita.
Eseguo l’istruzione impartita, cercando di deviare lo sguardo per cercare di capire chi ho accanto. Vedo solo una figura indefinita, un’ombra che si affianca a me. Il buio non mi permette di distinguerne i lineamenti. Sento qualcosa che si appoggia all’interno della tasca del soprabito e, proprio in quell’attimo, provo una spiacevole sensazione di apnea.
“ Adesso vai a casa e nascondilo in un posto sicuro. Domani, recati al cyber point che si trova nel Blocco Iracheno e inseriscilo nella postazione 15. Non usarlo prima, non inserirlo altrove. E’ tutto, per ora.”
La figura abbandona la presa sul mio braccio e sfugge via veloce nell’oscurità, senza lasciarmi il tempo di parlare o di fare domande. 
Rimango fermo per un attimo e poi riprendo il cammino verso casa, con passo sempre più svelto. Tocco con la mano il piccolo involucro che è stato depositato all’interno della tasca del cappotto, cercando di capire di cosa si tratti. Sembrerebbe un microdisco.
Sicuramente è un oggetto pericoloso o compromettente.
Dovrei buttarlo via e invece continuo a camminare, raggiungendo finalmente l’ingresso della mia abitazione. 
Ho la sensazione di essere seguito, ma forse è solo una paranoia. 
Inserisco il badge, apro il portone, prendo l’elevatore, che oggi per fortuna funziona.

Ascolto distrattamente le parole di Elisabetta, che probabilmente mi parla delle gesta eroiche dei nostri teneri pargoletti. Piuttosto, la mia attenzione è catalizzata dalla televisione, che trasmette un varietà a cui partecipa oggi uno dei miei attori preferiti, lo svedese Nick Olfson. Non parla una parola di italiano e il presentatore non favorisce il colloquio, con il suo inglese elementare, ma la sua simpatia è comunque evidente, il suo volto trafigge lo schermo, come solo lui sa fare.
Comunque, non riesco a seguire e a concentrarmi. Non posso evitare di pensare all’oggetto che è stato depositato nelle tasche del mio cappotto e che non ho ancora avuto il coraggio di esaminare con attenzione. 
Sono pervaso dalla sensazione di essermi cacciato in un bel pasticcio, da cui sarà difficile uscire, vista anche la mia proverbiale buona sorte.
Continuo a desinare, per nulla infastidito dalle solite urla dei cari demonietti e dal cattivo sapore della pietanza che Elisabetta ha preparato questa sera.
“ Caro, ma mi ascolti? “. Il diverso timbro di voce di Elisabetta, imperativo direi, mi riporta ad una più coinvolta partecipazione.
“ Oh, scusami “ esordisco “ Olfson mi ha distratto un po’ “. E la guardo con aria giustificativa.
“ Sarà, ma a me sembra proprio che sei altrove….” Riprende Elisabetta.
“ Forse, vorrei esserlo…..”
Noooooo! Che casino ho fatto? Ho detto quello che penso, una volta tanto?
A queste parole, mia moglie abbassa lo sguardo per nulla sorpresa.
D'improvviso, percepisco un forte abbassamento di temperatura. 
Tirando un respiro, Elisabetta sentenzia “ Non è affatto carino quello che dici, Elio…..”
“ Scusami, sono piuttosto teso in questo periodo…..” Continuo a giustificarmi come uno scolaro che non ha studiato.
“ Elio….per il fatto che ti hanno trasferito al Centro Contabile? “. La voce di Elisabetta si fa compassionevole, è il suo momento preferito: indossare gli indumenti dell'infermiera e correre a consolare un marito chiaramente definibile in difficoltà, cercando di trovare una soluzione immediata. Lo scopo è nobile, come sempre, i risultati, invece, sono - spesso - assai scarsi.
“ Si, Elisabetta, ma non ci si può fare nulla, almeno per adesso…”.
 Mento, ma almeno raggiungerò il risultato di tranquillizzarla. 
Non posso certo raccontarle del mio incontro di oggi e dell’oggetto che mi è stato consegnato, quindi preferisco dirottare la sua attenzione su ciò che in fondo voleva sentirsi dire. 
Certe cose non riesco a condividerle con lei, è più forte di me, ed è sempre stato così. L’amo troppo per farla soffrire con i miei problemi e vederla preoccupata non mi aiuterebbe. Così, certo, escludo dei buoni suggerimenti, delle soluzioni a cui non penso, ma evito anche tensioni e piccole incomprensioni. 
Perché hai incontrato quella donna? Perché non ti sei disfatto dell’oggetto che ti ha dato? Perché non racconti tutto alla Polizia? 
Perché, perché, perché......troppi perché.
Mi alzo da tavola, senza nemmeno finire di mangiare.
Sento gli occhi di Elisabetta puntati su di me.
Mi dirigo verso la stanza da letto, apro l’armadio a muro, riprendo il cappotto e inizio a frugare nelle tasche, per recuperare quello che immagino sia un microdisk. 
E non lo trovo. 
Ricomincio a cercare, pensando che spesso mi è capitato di non trovare una cosa al primo tentativo. 
Svuoto le tasche, rivolto l’abito e nulla. 
Calma. Facciamo mente locale. 
Sono entrato in casa, ho posato il badge apriporta sul mobile in ingresso, come faccio sempre, e poi sono andato in camera per ….no, no.... ho dato il cappotto a Elisabetta…..!
“ Cerchi questo, Elio? “.
Mi volto e vedo mia moglie che rotea un dischetto digitale nella mano destra, appoggiando mollemente la spalla sinistra sullo stipite della porta.
Sento una vampata di calore pervadere il mio volto.
Credo di essere diventato multicolore. 
Il sentimento è di rabbia, misto a vergogna per essere riuscito a nascondere una cosa “segretissima” solo per pochi minuti. 
Non valgo nulla come agente segreto, ma non avevo bisogno di questa conferma.
“ Che cos’è?…” chiedo mostrando incredulità.
“ Sei tu a dovermelo dire, carino! Non sarà  ancora uno di quei sudici porno amatoriali, vero? “
Oddio e che ne so? Non ci avevo pensato….
Avevo totalmente rimosso la squallida avventura dei porno casalinghi, che smerciavo sottobanco qualche anno fa in formato microdisk oleografico, nel tentativo di rimediare un po’ di quattrini. Tristissima vicenda personale che tornava impietosamente a galla. Tra le altre cose, l'incidente mi era costato anche una piccola condanna amministrativa.
“ Ecco, io…non credo” rispondo balbettando.
“ Non sai cosa contiene questo disco? “
“ Se ti devo dire la verità, …..no. Mi è stato consegnato da un collega, in segreto, ma non so cosa contenga.” Meglio non parlare di una collega, peggiorerebbe la situazione....
“ Bene, torniamo alla caramella dagli sconosciuti! Ma sei pazzo? Qui dentro può esserci di tutto! “
Il tono di Elisabetta si è fatto odiosamente inquisitorio.
“ Mi sono state date delle istruzioni precise…..” proseguo, riducendo il tono di voce.
“ Me ne frego delle istruzioni, voglio vedere che cosa contiene, subito!! “
“ NO! “
Credo di aver cambiato volto repentinamente. Avete presente due gatti che stanno per azzuffarsi? Bene, non c’è immagine migliore per descriverci in questo momento….
“ Elisabetta” riprendo abbassando il tono della voce “ Non posso farti vedere che cosa contiene il microdisco. Posso farlo solo io, al Cyber Point che si trova nel blocco iracheno. Domani”.
Ci guardiamo ancor per qualche attimo, in silenzio.
“Elio, ti caccerai in un guaio enorme, lo so. Come se non ne avessimo abbastanza….”sospira Elisabetta, abbassando lo sguardo e restituendomi il dischetto.
“ E’ vero, siamo pieni di guai. Ma forse questo evento, così insolito per noi, cambierà le nostre vite”.
“Vuoi cambiare la tua vita? Sei infelice?” Domanda Elisabetta, riprendendo a guardare verso di me.
“ Tu sei felice?” La guardo dritta negli occhi.
“ Io si. Abbiamo una casa e dei figli. Ho te, che amo sopra ogni cosa. Il resto non conta. Perché dobbiamo cambiare tutto questo?” 
Elisabetta crede in quello che dice, non ha esitato un attimo a rispondere. 
E' fermamente convinta e mi sento così piccolo di fronte a lei in questo momento. 
Un solido monolite, contro un pupazzo di argilla.
“E’ una domanda a cui non so rispondere" riprendo dopo qualche secondo di silenzio totale. Anche i bimbi si sono fermati nei loro giochi e la televisione sembra essere muta.
Ho iniziato, devo andare avanti ormai.
"Però sento di dover cambiare la mia vita in qualche modo….E’ come se ogni giorno mi svegliassi sempre più debole, sempre più passivo. Mi sento stanco e apatico, ma non so il perché. Forse questo evento è il mio bivio. Tutti noi, in un modo o nell’altro raggiungiamo questo momento, in cui si deve fare una scelta precisa”.
Elisabetta mi osserva attonita. 
Sono sicuro che non capisce il mio punto di vista. E non trovo il modo di spiegarglielo in maniera che possa comprendere. 
Almeno per ora.
“ Domani, terminato il lavoro, andrò nel blocco iracheno, raggiungerò quel dannato cyber point e infilerò il disco nella postazione che mi è stata indicata. Lo farò e basta”.
“ Forse però…”interviene Elisabetta “stai dando un significato  eccessivo a quell’oggetto. Parli di un bivio…ma cosa ne sai? Magari è solo pornografia o peggio pedofilia….o notizie riservate di qualche cliente compromettente….”.
Osservo per un attimo il piccolo oggetto. 
Sono certo che lì dentro c’è il mio bivio.
Deve esserci per forza.

By Zoe Kipling


Ogni giorno ci troviamo di fronte a un bivio che impone una scelta, spesso semplice, ma a volte molto difficile. In qualche caso, la strada che decidiamo di prendere cambia totalmente la nostra vita. L'importante, però, è poter essere sempre noi a scegliere quale direzione seguire.

1 commento:

  1. Ma il seguito?? Vengo a cercarlo ma non lo trovo mai! Quando lo metti il seguito?!?!?
    :-)

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