Quartiere S. Lorenzo – 30 Ottobre 1922
Quella mattina Giuseppe si alzò più presto del solito.
Non era riuscito a dormire per nulla.
Forse per colpa del letto a cui non era abituato, oppure per le lusinghe notturne
del suo amore proibito, a cui aveva opposto una vana e, tutto sommato, debole
resistenza.
Ma la realtà era un’altra, Giuseppe era euforico. Stava
per assistere ad un evento che avrebbe cambiato la storia e ne era
perfettamente consapevole.
Aprendo le finestre, sentì entrare prepotente l’aria autunnale,
fredda e carica di umidità. Era piovuto da poco, il cielo si mostrava cupo e affollato di nuvole
minacciose.
Il passaggio del treno fece tremare vistosamente i
vetri e le suppellettili. Quella casa era così maledettamente vicina allo scalo
ferroviario.
Giuseppe smise di gingillarsi e in pochi minuti si
ritrovò pronto, ad osservare compiaciuto allo specchio la sua perfetta uniforme
nera.
Poi uscì, chiudendo la porta di quella
casa che custodiva il suo segreto inconfessabile. Per quanto ancora?
Giuseppe, assumendo un portamento il più marziale possibile, si diresse svelto verso Porta
Maggiore, dove si sarebbe unito ai suoi amici.
Quando arrivò a destinazione, vide che qualcuno si era
svegliato molto prima di lui.
Migliaia di camicie nere si stavano radunando ordinatamente nella
piazza proprio di fronte alla maestosa porta romana, pronte a muovere verso il
Quirinale.
Dopo due giorni di accampamento fuori le mura, erano
state finalmente autorizzate ad entrare nella Capitale e si
stavano dirigendo verso il palazzo del Re.
Ricominciava a cadere una pioggia sottile.
Giuseppe prese dal taschino un’astuccio d’argento e
raccolse una presa di tabacco da fiuto.
La sua squadra lo aspettava proprio vicino alla
fermata di un tram che non sarebbe mai passato, almeno quel giorno. Senza di lui,
il loro Comandante, non sarebbero mai partiti.
E Giuseppe disse: “Camerati, avanziamo!”
All’alba del giorno dopo, Giuseppe fece rientro,
stravolto ma ancora eccitato. Non vedeva l’ora di ritornare in quella rumorosa
casa vicino allo scalo e, soprattutto, riabbracciare il suo amore.
Poco dopo la sua partenza, alcune colonne di squadristi
provenienti da Tivoli erano state accolte da colpi di arma da fuoco proprio
mentre attraversavano il quartiere S.Lorenzo. Ma nessuna notizia in più, non c’era
motivo di preoccuparsi per eventuali disordini.
Correte, correte!
Aiutateci!
Uccidete i bastardi!
Urla, spari, fiamme, grida di disperazione.
Camicie nere insanguinate.
Esecuzioni sommarie per le strade e corpi gettati dalle finestre.
Il passato si trasforma in presente.
Giuseppe corre, corre verso la casa del suo amore con il
cuore impazzito.
E’ lì per terra, disteso in una pozza di sangue, il suo Nino.
E lui non può fare più nulla.
Camerata! Che fai? Non lo vedi che è morto? Dai, andiamo ad ammazzarli
tutti, questi bolscevichi maledetti.
Giuseppe si affloscia sul selciato come un pupazzo di
pezza e con un dito sfiora la mano del suo amore proibito, che ora non ci sarà
più.
Il giorno 31 Ottobre 1922, oltre 500 fascisti guidati da Italo Balbo
attaccarono di sorpresa il quartiere S.Lorenzo e lo devastarono. I morti fra gli
abitanti furono tredici, i feriti oltre duecento, alcuni dei quali furono scaraventati giù dalle finestre delle abitazioni.
Giuseppe il partigiano, muore nel 1944 a Firenze, fucilato
da un plotone di esecuzione delle Brigate Nere della Repubblica di Salò.
Che bello! Mi hai fatto rivivere il racconto di mia nonna che si ritrovò sotto i bombardamenti di San Lorenzo, era il 1943 però e lei in quell'occasione perse il bambino che aspettava. Sarebbe stato il fratello maggiore di mia madre... Evidentemente San Lorenzo ha molte pagine tristi di storia da raccontare... Grazie, mi hai emozionato sul serio.
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