Marzo 1940
L’anno 1940, precisamente nel mese di Marzo, Giuseppe
fu giudicato idoneo a riprendere l’insegnamento, anche se solo come supplente.
L’incarico, in realtà, dipese da un fattore ben preciso.
Mussolini aveva iniziato a richiamare ex ufficiali da
alcuni mesi, per comandare le truppe che si stavano ammassando sul fronte
alpino, a difesa del territorio. E il maestro che Giuseppe avrebbe sostituito
era proprio uno di coloro che aveva avuto “l’onore” di proteggere i confini
della patria, in caso di evento bellico.
La guerra in realtà era già iniziata nel 1939. Le
milizie di Hitler si muovevano rapidamente conquistando territori su territori.
Ma il Duce era rimasto neutrale quell’anno. Sapeva di
essere debole e male organizzato, quindi decise di stare alla finestra. Fin
quando, convinto dalla formidabile avanzata tedesca e dalla potenza di Hitler,
iniziò a sognare una facile vittoria e un ricco bottino.
La guerra era alle porte, tre mesi dopo, nel Giugno 1940, l’Italia sciolse
gli indugi e iniziò le attività belliche al fianco dell’esercito nazista.
Pertanto, in questo contesto così incerto, si liberò
un posto da supplente, che fu offerto al nostro Giuseppe Bottini.
La sospensione dall’incarico di maestro elementare,
avvenuta nel 1932 per sospette idee eversive e il successivo confino a Lipari,
durato fino al 1936, non fecero perdere il suo elevato punteggio, conseguito
nel concorso pubblico a cui finalmente partecipò.
Inoltre, il
regime lo considerava oramai innocuo e “rieducato”.
Quell’incarico di supplenza arrivò come una sorta di
grazia divina, perchè avrebbe determinato un affrancamento economico dagli
ormai vecchi e opprimenti genitori. Forse un giorno avrebbe finalmente
abbandonato quella casa e quel quartiere che non amava affatto. Magari sarebbe
riuscito a trovare un piccolo appartamento, anche un buco situato nel peggior
distretto cittadino. Ma sarebbe stato tutto suo, solo suo.
Gli fu affidata una terza classe maschile nel
quartiere Delle Vittorie.
Il quartiere era abbastanza lontano dal suo ma,
nonostante questo, riuscì ad arrivare per primo nel giorno in cui iniziava l’incarico.
Proprio mentre un corpulento bidello apriva l’enorme cancellata.
Dopo essersi accreditato con il grasso custode della scuola – invero molto
sospettoso – e ottenute le indicazioni per raggiungere la classe, salì veloce
le scale che portavano all’ingresso e affrontò quasi di corsa un lungo
corridoio grigiastro dal pavimento di travertino malandato, ma lucido e pulito.
Quinta porta a destra.
Eccola, terza B, scritto a chiare lettere sul muro
grigiastro, appena sopra lo stipite.
Giuseppe rimase immobile per un lunghissimo minuto, ad
ascoltare il silenzio che regnava in quel luogo.
In quel breve lasso di tempo, riuscì a scattare una
fotografia virtuale e a notare ogni dettaglio.
Una bella e lunga vetrata permetteva al sole di
illuminare l’ambiente.
Sulla bianca parete dietro la cattedra, ai lati del
crocefisso, campeggiavano i ritratti del re Vittorio Emanuele III e del Duce,
oltre a un immagine di un ignoto militare. Accanto ad esso, l’indispensabile
lavagna, posta vicino la vetrata. Sulla cattedra, solo un obbrobrioso fermacarte
a forma di fascio littorio. Sulla destra, l'immancabile altoparlante della
radio, per consentire di ascoltare eventuali discorsi del Duce, e una grossa
stufa per il riscaldamento dell’ambiente. Infine, perfettamente allineati e
coperti, i banchi di legno scuro.
Giuseppe contò tre file e per ognuna nove banchi. Ci sarebbero stati al massimo
ventisette bambini, quindi una classe di media popolosità.
Giuseppe poggiò l’elegante valigetta di pelle nera
sulla cattedra e si diresse verso la lavagna.
Quindi, prese a cancellare le parole scritte, forse,
dal maestro che lo aveva preceduto.
A minuti sarebbero arrivati i bambini e tutto doveva essere in ordine.....
La classe di Giuseppe |
L'autoparlante per sentire i discorsi del duce... incredibile... chissà a cosa pensavano i bambini di lui... forse quello che ne pensavano i genitori dopotutto...
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