Atto primo
Mare di Sicilia – Estate del 1936
Giuseppe osservava Lipari dalla poppa del piccolo
traghetto che, sbuffante una nera fuliggine, solcava il mare d’olio alla volta del porto di
Milazzo. Quella che per quasi tre anni era stata la sua prigione dorata, si
allontanava lentamente cambiando forma, minuto dopo minuto. Dapprima isola, poi
scoglio, infine puntino nel blu.
Durante questa metamorfosi, Giuseppe non staccò mai lo
sguardo da quel lembo di terra brulla.
Non è dato sapere quanto durò quell’immobile ma
attenta osservazione. Fu però il tempo sufficiente a far scorrere a ritroso tutta
una sequenza di fotogrammi di vita.
Da quel momento, in cui l’odore del sale marino aveva
il sapore della libertà riconquistata, fino a giungere a quattordici anni
prima, la notte della strage di San Lorenzo, quando Giuseppe giaceva inerte accanto al corpo esanime del suo amore inconfessabile.
Giuseppe non ebbe mai il coraggio di iniziare una
nuova relazione, dopo quel tragico evento. Forse perchè non era mai più
riuscito a ritrovare quel sentimento di passione totalitario che aveva provato
per Nino. Molto più probabilmente perchè atterrito dalle possibili conseguenze
che certe attitudini sessuali avrebbero potuto provocare alla sua già modesta
esistenza.
L’omosessualità
era una malattia della mente incurabile, una gravissima turba
psichica rara ed estirpabile unicamente con azioni volte alla soppressione
dell’individuo, fosse essa fisica o mentale.
Eppure, gli omosessuali erano
ovunque e Giuseppe pensava ne esistessero due razze. I pervertiti, che si
cimentavano in certe pratiche solo perchè non trovavano più altre vie di
trasgressione erotica e sessuale. E quelli come lui, che “semplicemente” si
innamoravano di un altro. Tra quelli come Giuseppe, poi, c’erano coloro che si
sentivano comunque uomini, seppur attratti da altri uomini, e quelli come Nino,
che vivevano il corpo maschile come una gabbia e ne provavano un totale senso di rifiuto.
Nino, così giovane, appena ventuno anni.
Avrebbe voluto potersi vestire, truccare e comportare
come una donna, in ogni momento della sua vita. Faceva una fatica immane a
nascondere quella prepotente femminilità. A volte perdeva il controllo,
suscitando risa e battute impietose. Di Nino oramai la gente sapeva, non ci si
poteva illudere, e la terra intorno a lui bruciava ogni giorno di più.
Giuseppe Bottini invece, classe 1896, toscano originario di Lucca, era ben mimetizzato, eccome se lo era.
Lipari è uno scoglio.
Grazie... ;-)
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