Il nostro cervello funziona veramente solo quando vive un’esperienza
coinvolgente
Da una parte, in direzione contraria alla mia, un lungo serpente bianco.
Dall’altra, quella in cui sono intrappolato per l’ennesima volta, un dragone
rosso sbuffante e rumoroso. Ci muoviamo a passo d’uomo, deve essere successo
qualcosa, un incidente forse.
Sono quasi le sette di sera, e se continua così non sarò a casa prima
delle otto.
In questo momento la mia testa è affollata da una moltitudine
schiamazzante di pensieri, per lo piĂą malsani e crudeli, tutti troppo cattivi
per essere raccontati ora. Dopo una giornata di lavoro iniziata dodici ore fa,
sono stanco e la situazione che sto vivendo mi pressa in modo formidabile.
Ad un certo punto, però, arrivi tu, come un esploratore che si fa largo
con il machete nella fitta jungla. Ti fai spazio nel mio cervello e riaccendi
le sinapsi una a una, come fossero torce che, piano piano, rischiarano il buio.
Ricordi cosa ti dissi l’ultima volta che ci siamo incontrati?
Se sei qui di nuovo, forse è perchè ti ho incuriosito e vuoi sapere come
o se prosegue la faccenda. Ma potresti anche essere un curioso, che ha sentito
parlare di me e delle mie riflessioni. In entrambi i casi sei il benvenuto.
Ora siediti tranquillo, posa il machete, spegni tutto quello che devi
spegnere, meno il cervello naturalmente, e dammi udienza giusto il tempo di
sentire un’altra storia vera, condita dai soliti pensieri in libertĂ . Te la
racconto mentre compio il cammino difficile verso casa, tra un’imprecazione e
l’altra, tentando di districarmi in mezzo a quintali di lamiera e di facce incazzate.
Sono nella stessa azienda da 11 anni, ormai inizio ad essere un
veterano. In generale, una simile permanenza non è poi così usuale al giorno d’oggi e molti
mi chiedono – spesso me lo chiedo anche io – chi me lo ha fatto fare.
Un tempo la fedeltĂ al datore di lavoro, intesa in questo caso come
legame vitalizio, era comunemente considerata un valore e i mercenari puri non
avevano grande spazio. Non stiamo parlando di secoli, ma di qualche decennio.
Una manciata di anni in cui il mondo è cambiato radicalmente e le barriere
materiali ed ideologiche sono cadute. Con esse il protezionismo nei riguardi
del proprio mercato e in molti casi, ahimè, della propria cultura.
Il mondo del lavoro non è stato immune a questi cambiamenti, e del resto
non avrebbe potuto. Così, alla disoccupazione, atavico cancro italiano, si è
affiancato il precariato, alimentato da leggi e leggine che negli anni si sono
susseguite con scarso coordinamento, e si è intensificata la frequenza nel
cambiare posto di lavoro, spesso inseguendo una Chimera: stipendi piĂą alti,
posizioni piĂą importanti, maggiore potere e, per i pochi idealisti, persino
sviluppo professionale.
In molti casi, solo desiderio di scappare.
Guarda che ce l’ho io la precedenza, imbecille!
Va bene dai, adesso proviamo a spostarci su un altro piano e osserviamo
la mutazione avvenuta, piĂą o meno parallelamente, nell’ambiente calcistico
italiano.
Che c’entra? Forse nulla, ma lasciami dire fino in fondo e poi giudica
tu.
Nel 1980, l’ Italia riaprì timidamente il mercato calcistico, consentendo l’ingresso
di un solo straniero per squadra. Il blocco delle frontiere fu deciso nel 1966,
a seguito della penosa eliminazione dal Mondiale ad opera dell’intrepida Corea
del Nord. Il risultato che ottenemmo in quei 14 anni di “embargo volontario” furono
due delle piĂą forti nazionali italiane di calcio (quella del 78 e quella
Campione del Mondo dell’ 82 per capirci) e un bellissimo campionato, ove
trovavi degli uomini che spendevano la gran parte del loro percorso
professionale nella stessa squadra. I più estremisti iniziavano e finivano lì.
E non esisteva che uno che aveva giocato nella Juve andasse al Torino, dalla
Roma alla Lazio, oppure dal Milan all’Inter.
Poi, un bel giorno del 1985, quando ormai l’Italia apriva anche al
secondo giocatore straniero per squadra, il prolifico centravanti Aldo Serena
passò clamorosamente dal Torino alla Juventus. Alto tradimento! I tifosi del
Toro non la presero affatto bene.
Aldo Serena. A seguito
del passaggio dal Torino alla Juve, i tifosi granata tirarono fuori uno
striscione in curva: “Serena puttana, l’hai fatto per la grana!” Ma il tenero
Aldo se ne fregò del colore della maglia e cambiò le regole per sempre. Oggi, si guarda solo un colore: quello dei soldi.
Attualmente, Aldo fa
il commentatore sportivo per Mediaset. Soporifero.
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Quattro anni dopo, nel 1989, moriva Gaetano Scirea, il mitico libero
della Juventus, in un tragico incidente stradale, mentre lavorava ancora per la
Signora, come allenatore in seconda: era stato mandato da Dino Zoff in Polonia,
per osservare il prossimo avversario dei bianconeri in coppa UEFA. Gaetano è
stato uno dei piĂą grandi giocatori italiani di tutti i tempi e fece della
“fedeltĂ alla maglia” uno dei suoi principali valori professionali.
Gaetano Scirea. Oltre
550 presenze con la Juve, recentemente
superato solo da Alessandro Del Piero. Gaetano non è mai stato dimenticato.
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Adoravo quei campionati dove aspettavi la partita per tutta la
settimana, perchè si giocava solo la Domenica pomeriggio. Amavo atleti come
Gaetano Scirea e Dino Zoff, che sembravano gente comune. Non mi piacevano
quelli come Aldo Serena. Il calcio di oggi, figlio di troppe regole infrante,
non mi emoziona più e non lo seguo da anni. Così come.....
Ma che fai? Tagli la strada?!?
Nessun taglio, veniamo di nuovo a noi invece, con la speranza di essermi
fatto seguire fin qui.
Quindi ora ti faccio una domanda: chi sei tu?
Se, come me, ti senti un pò Gaetano Scirea, allora dai un’occhiata alle
foto e alle didascalie qui accanto e poi vai avanti.
Altrimenti, amici come prima, chiudi tutto e ritorna SERENAmente alle
tue faccende.
Uffa, ma che ti suoni? Non lo vedi che è rosso?
Nonostante gli sforzi e qualche lucida intuizione, il mio business trova
un mucchio di semafori rossi sulla difficile strada del mercato, fa fatica a
rinnovarsi e, gira che ti rigira, quello che somministriamo oggi non è poi così diverso da quello che vendevano
i padri fondatori piĂą di 30 anni fa.
Sono convinto, quindi, che per vincere la sfida con il futuro, dobbiamo senza
dubbio realizzare qualcosa di veramente nuovo e accattivante per i nostri clienti
e dobbiamo anche farlo in fretta. Ma, prima di tutto questo sbattimento, ci
siamo noi come persone, e vi assicuro che possiamo fare la differenza, quella
vera.
Esattamente come l’ ha fatta Gaetano,
lottando ogni giorno per difendere i suoi principi, senza sentire il bisogno di
vendersi al miglior offerente o rinnegarsi. Rimettendoci anche qualcosa, quando
e dove serve.
Basta! Adesso scendo e mollo la macchina qui....in
mezzo alla strada!!
E quindi? Come posso fare la differenza? Per me la ricetta è semplice,
anche se non sempre facile da realizzare, come la maionese fatta in casa insomma: essere me stesso, cercare di
esprimere ogni giorno il mio entusiasmo e la mia energia positiva, contagiando
chi mi sta intorno ed evitando i pregiudizi.
Come ti dicevo all’inizio, a volte mi interrogo per capire come mai non
ho ancora “mollato”.
Per soldi? No, c’è sempre chi offre di piĂą, si diceva prima.
Perchè l’ufficio è vicino al luogo in cui vivo? No comment! Non sono
ancora arrivato a casa!
Perchè faccio un pò quello che mi pare? Dipende. Se la intendi che mi
sento libero di esprimere la mia opinione, ti rispondo di si. Se ci fai caso,
lo sto facendo proprio adesso.
Perchè passo delle giornate tranquille e paciose in attesa del 27? Con
il lavoro che faccio è praticamente impossibile.
Per paura di cambiare? A volte mi fa piĂą paura rimanere!
Perchè penso di lavorare sia una società solida? Fuochino.
Perchè vedo ancora delle persone, dei valori e degli elementi che sono
sicuro di non riuscire a trovare facilmente all’esterno? Fuoco!
Perchè in undici anni l’azienda per cui lavoro ha fatto vivere a me e al
mio cervello un’esperienza appassionante e coinvolgente? Si, esattamente come
riesce a fare Gaetano, ogni volta che rivedo le sue preziose giocate.
Diamine! Sono arrivato a casa!!! Solo traffico, nessun
incidente.
Il computer di bordo segna un tempo di percorrenza
pari ad un’ora e venticinque minuti.
Ci vorrĂ almeno un altro quarto d’ora per trovare
parcheggio ma, inspiegabilmente, mi sento felice.
E tu? Che risposte ti dai?
Sei sempre il solito "geniale psicopatico" ... com'era :) ?? è cmq sempre un piacere leggerti :) un bacio!
RispondiEliminaNena
Tesoro mio, e tu sei sempre presente, stavolta la prima in assoluto! Iscriviti, se ti va! Sta per arrivare il peggio di me! ahahahaha!!
RispondiElimina>;)
Toglimi una curiositĂ , stavi scrivendo mentre guidavi in mezzo al traffico pazzo scatenato? ;-)
RispondiEliminaSi su un fazzoletto di carta
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